Greco Marina, L’ascolto come cura: il senso della relazione
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- Categoria: ASCOLTAZIONE
- Pubblicato Lunedì, 24 Ottobre 2011 07:46
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Fino a questo momento1 la nostra riflessione sull’ascolto, partita dal dialéghesthai socratico, ha riguardato la relazione maestro-discepolo e quella psicanalista-paziente, oltre che la relazione per antonomasia madre-bambino. Abbiamo visto2come il mondo occidentale, dopo un lungo periodo di oblio durante il quale la visione è stata considerata unico senso rivelatore della verità, abbia gradualmente recuperato la dimensione dell’ascolto.
La psicanalisi freudiana ne è un esempio.
A questo punto è necessario chiarire che il recupero dell’ascolto non avviene a discapito della visione né intende svalutarla.
La riscoperta del valore radicale dell’ascoltare nell’esperienza conoscitiva dell’uomo non deve risolversi necessariamente in una delegittimazione della visione3.
Non è possibile pensare ad un antagonismo fra ascolto e visione né fra questi e le altre facoltà percettive.
Nella conoscenza non è possibile privilegiare una modalità sensoriale, in quanto tutte concorrono al tentativo di disvelare o anche soltanto di approcciare la verità.
Il nostro intento è quello di recuperare l’importanza di tutte le modalità sensoriali sia nella conoscenza sia, e soprattutto, nella relazione con l’altro e riunificarle, sublimandole, in una forma di ascolto che diviene accoglienza.
Facciamo, dunque, un passo ulteriore nel nostro percorso per scoprire una dimensione relazionale in cui non c’è un predominio di un senso sull’altro, ma in cui l’ascolto assume un significato superiore, in quanto esso diviene sintesi di tutti i sensi.
Stiamo parlando proprio dell’ascolto inteso come accoglienza dell’altro che significa accettazione totale dell’altro, il quale viene sentito e percepito con tutte le facoltà senso-percettive e con tutta l’emotività: questo è proprio il punto di partenza della relazione dialogica musicoterapica.
La musicoterapia presuppone, dunque, una forma particolare di ascolto, inteso proprio come attitudine da parte del musicterapista ad accogliere la persona, l’altro, senza precludersi alcun canale sensoriale.
Si tratta di quell’attitudine naturale all’amorevolezza di cui tutti i musicoterapisti dovrebbero essere dotati: è necessario infatti “un grande sforzo, in termini di competenza e amorevolezza, per cogliere il senso profondo di una verità nascosta4che sembra difficile da raggiungere e che, in qualche caso, è soltanto possibile o potenziale”5.
Proviamo ad instaurare, ora, un parallelismo fra le diverse relazioni dialogiche di cui abbiamo parlato e che sono accomunate dalla particolare attenzione all’ascolto, inteso nelle varie sfumature di significato: Socrate-discepolo, analista-paziente, musicoterapista-persona.
In ciascuna di queste relazioni, sebbene abbia delle connotazioni differenti, l’ascolto si caratterizza per un aspetto fondamentale: offrire, in un certo senso, “aiuto” all’interlocutore, a chi, cioè, nel rapporto dialogico sembra essere in una situazione di debolezza rispetto all’altro (relazioni asimmetriche).
Recuperiamo il senso etimologico del termine da cui ascoltare deriva e cioè auscultare: udire con attenzione.
Auscultare, però, ci rimanda anche all’ascolto del medico e, quindi all’udire con l’intento di curare6.
Nella parola stessa sembra essere insito, pertanto, una sorta di destino (heideggerianamente inteso) dell’ascoltare che è la cura7.
Riprendiamo per un attimo le due relazioni che abbiamo analizzato precedentemente: Socrate-discepolo, analista-paziente. Nella prima è il filosofo stesso ad attribuire, seppur in senso figurato, una capacità “curativa” al suo ascolto maieutico (“Questa sofferenza la mia arte sa placare”8).
Ciò che egli persegue nei suoi dialoghi, come abbiamo visto9, è la salute dell’anima: condurre il discepolo a conoscere se stesso e i propri limiti e a cercare nella propria anima la verità.
Nella seconda relazione, l’ascolto da parte dell’analista diventa curativo in quanto è un compartecipare a quanto il paziente va di volta in volta raccontando di sé.
Come abbiamo visto10, nella psicoanalisi l’ascolto è per la prima volta adottato come strumento terapeutico e dunque per curare. Il ruolo del medico, proprio come quello di Socrate, è di guidare con le sue parole il paziente a ricomporre da solo una certa stabilità e armonia interiore, trovando in se stesso la soluzione e il modo per farlo.
Quello di Socrate e dell’analista è un dire che è anche e soprattutto un ascoltare, per riprendere le parole di Heidegger; è un lògos non più dimidiato, ma riunito nel suo significato più antico ed originario del raccogliere e accogliere11ciò che si disvela.
C’è ancora un aspetto molto importante che accomuna le due relazioni dialogiche considerate finora: è impossibile ascoltare (e quindi curare) l’altro se non si è, innanzi tutto, ascoltata (e quindi curata) la propria “anima”.
Come Socrate ascolta la voce che gli parla dentro (il dàimon) e rivolge, prima che agli altri, a se stesso l’invito al gnôthi sautòn (conosci te stesso), così l’analista deve aver ristabilito la sua armonia e la sua stabilità interiore attraverso la comprensione delle dinamiche della sua psiche, prima di poter aiutare il paziente a farlo. Il benessere12di chi ascolta (e quindi di chi cura) equivale ed è antecedente rispetto a quello di chi è ascoltato e necessita di essere curato.
Queste due relazioni si dispiegano attraverso la parola, ponte fra chi ascolta e chi è ascoltato.
Ad essere r-accolto13 è il dire del discepolo in un caso, del paziente nell’altro.
Si può però configurare un ulteriore tipo di relazione in cui ciò che raccogliamo non è il dire, le parole, bensì ogni genere di informazione che proviene dall’altro e che si dispiega soprattutto sui canali della comunicazione non-verbale.
Questo particolare tipo di relazione dialogica è proprio quella fra musicoterapeuta e persona, in cui il primo non privilegia, né tanto meno esclude, alcun canale sensoriale a discapito di un altro, ma è aperto a ricevere l’altro nella sua totalità espressiva.
L’elemento più importante che accomuna la musicoterapia al dialogo socratico e alla psicoanalisi è la relazione che in questo percorso è diventato l’aspetto più importante dell’ascolto che “cura”.
E la musicoterapia si occupa - proprio - della costruzione intenzionale di relazioni comunicative a fini terapeutici, attraverso l’impiego di due distinti elementi: a) la relazione; b) la musica14.
Il fine precipuo di questo genere di relazione è, dunque, la terapia, tanto che essa compare nel termine stesso.
Di che genere di terapia si tratta?
Di una terapia che cura o di una terapia che guarisce15?
Leggiamo in un vocabolario di greco antico il significato del verbo therapèuo da cui terapia deriva: (2) mi occupo di, ho cura, curo, rivolgo i pensieri a, sono intento a; (3) medico, curo, talvolta guarisco16.
Il senso più autentico del termine non è, come vediamo, quello di guarire, usato solo talvolta, bensì quello di prendersi curare di, curare, cosa ben diversa dal guarire17.
Se noi pensiamo al significato strettamente nosologico di terapia, allora siamo nel campo della medicina in cui è terapia l’insieme delle azioni e delle pratiche che hanno come scopo il trattamento delle malattie e dunque la guarigione della persona.
Se invece usciamo dall’ambito strettamente medico si può parimenti intendere per terapia il prendersi cura di qualcuno, aiutarlo, attraverso il contatto, la vicinanza: in una parola, attraverso la relazione.
La relazione musicoterapica è da intendersi proprio come un prendersi cura della persona, più che come mezzo per curare la malattiae giungere alla guarigione della persona stessa.
Questo genere di relazione prevede una presa in carico dell’altro con cui ci si relaziona.
Ma qual è l’obiettivo di tutto questo?
A che risultato cerca di giungere questa presa in carico, questo prendersi cura di?
Lo scopo ultimo dell’intervento terapeutico inteso come prendersi cura di qualcuno è indurre nella persona un cambiamento e dunque attivare un processo di trasformazione o ristabilire una condizione di armonia o di equilibrio psicofisico, qualora si fosse interrotta. Nell’approccio di Postacchini - qui adottato come riferimento unitamente agli studi di Bonardi18- “la finalità dell’intervento musicoterapico è quella di costruire una relazione terapeutica attraverso il parametro sonoro/musicale che possa favorire un’integrazione spaziale, temporale e sociale”19.
Tale integrazione è favorita a sua volta da un processo di armonizzazione basato sul concetto di sintonizzazione20.
Il cambiamento che ne consegue può essere considerato un risultato della terapia solo se si ricollega in maniera specifica ad un problema particolare che la persona sta vivendo.
La potenzialità “terapeutica” insita nella relazione dialogica è dunque enorme.
Il nostro cammino è cominciato con Socrate e con il suo dialéghestai e ci ha portati ad un’altra forma di dialogo, quello sonoro.
Siamo convinti che ci sia una forte continuità fra i due modi di relazionarsi all’altro, indipendentemente dal parametro utilizzato.
La straordinaria modernità della maieutica socratica è riscontrabile proprio nella relazione musicoterapeuta/persona.
L’integrazione temporale, spaziale, sociale del soggetto in cura in tanto è possibile in quanto il punto di partenza è proprio il mondo interiore del soggetto stesso che si manifesta al musicoterapeuta attraverso le sue sonorità associate a gesti, sguardi, movimenti, spesso uniche modalità per relazionarsi con il mondo esterno.
Il musicoterapeuta ascolta, riceve, accoglie e contiene questo “materiale”; lo fa suo e lo valorizza attribuendogli un senso e restituendolo al soggetto arricchito di valenze comunicative e relazionali: “il musicoterapeuta si pone quindi come un “interprete” della potenzialità espressiva del paziente, dei segni e dei significati che emergono dal suo corpo e dal suo essere al mondo; tenta rispetto ad essi un’azione maieutica”21.
La persona, in tal modo, riconosce il riconoscimento o comunque il senso di sé22comunicatole dal musicoterapeuta.
La relazione agisce come vera e propria forza di cambiamento: insieme al linguaggio verbale nel dialéghestai socratico, insieme al linguaggio-non verbale e musicale nel dialogo sonoro musicoterapeutico.
Marina Greco
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1Cfr. Greco M., L’ascolto agli albori del pensiero occidentale, MiA, Musicoterapie in Ascolto; La relazionalità come essenza dell’ascolto, MiA, Musicoterapie in Ascolto; Il recupero dell’ascolto nella psicanalisi di Freud, MiA, Musicoterapie in Ascolto.
2Cfr. Greco M., Dall’oblio dell’ascolto alla sua riscoperta, MiA, Musicoterapie in Ascolto.
3Naturalmente il riferimento è all’ambito prettamente epistemologico, in quanto spostando la riflessione in ambito sociologico si osserva come l’ascolto - inteso come modalità relazionale - è soffocato nella società del XXI secolo, ancora dominata dal paradigma ottico in quanto tiranneggiata dall’immagine. Se dunque è possibile superare l’antagonismo dei sensi in un senso epistemologico e conoscitivo, non lo è, purtroppo (almeno per ora e almeno non per tutti) nel campo delle relazioni umane. Per il recupero del valore radicale dell’ascolto cfr. Mancini R., L’ascolto come radice. Teoria dialogica della verità, Ediz. Scientifiche Italiane, Napoli 1995.
4Come vediamo, torna ancora, anche in questo tipo di relazione, la ricerca di una verità.
5Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M., Lineamenti di Musicoterapia, Carocci Editore, Roma 1998, pag. 19.
6AA.VV., L’ascolto che guarisce, Cittadella Editrice, Assisi 1995, p.118.
7 Adottiamo qui la definizione di cura che leggiamo in Bruscia K.E., Definire la musicoterapia, tr. it. F. Bolini, ISMEZ, Roma, p. 101: “Si definisce cura il processo attraverso il quale la mente, il corpo e lo spirito si ristabiliscono. Può comprendere l’auto-cura, l’assistenza di uno che cura, oppure la cura all’interno della relazione terapeuta-cliente”. Nel nostro caso la cura si sviluppa all’interno della relazione dialogica in cui, fra i due poli, uno guida l’altro (assistenza di uno che cura), aiutandolo a trovare in se stesso (auto-cura) le risorse per “guarire”.
8Platone, Teeteto, 151, a-b; cfr. Greco M., L’ascolto agli albori.., cit.
9Ibidem.
10Cfr. Greco M., Il recupero dell’ascolto nella psicanalisi di Freud, cit.
11Cfr. Greco M., Dall’oblio dell’ascolto alla sua riscoperta, cit.
12Anche qui adottiamo la definizione di benessere che ci lascia Bruscia: “Si definisce benessere uno stato di salute olistico caratterizzato dall’armonia e dall’equilibrio tra mente, corpo e spirito, e dall’assenza di malattia”. Bruscia K.E., Definire la musicoterapia, cit., p.101.
13Cfr. Greco M., Dall’oblio dell’ascolto..”, cit.
14Lineamenti di Musicoterapia, cit., p. 21.
15Cfr. a questo proposito, Lineamenti di Musicoterapia, cit., cap. II “Il terapeutico in musicoterapia”.
16Rocci L., Vocabolario Greco-Italiano, Soc. Ed. D. Alighieri, XXXI Ed., 1983.
17Ciò che contraddistingue la terapia dalla guarigione è proprio l’intervento di una persona (il terapeuta) che dall’esterno interviene e aiuta la persona a trovare il modo o la via la guarigione. Anche a questo proposito in Bruscia troviamo una precisazione: “talvolta una persona ha la capacità di guarire senza interventi esterni e tal altra la persona ha invece bisogno dell’intervento sistematico di un’altra persona. […] terapia e guarigione non sono la stessa cosa quando la guarigione ha luogo senza l’aiuto o l’intervento di un’altra persona”. Bruscia, Definire la musicoterapia, cit. p. 56.
18Il fine dell’intervento musicoterapico, inteso da Bonardi come “ricerca, osservazione, analisi e adozione del sonoro e del musicale appartenente al soggetto”, è aiutare la persona a “esperire una nuova situazione di ascolto, non solamente incentrata sul sé ma sui poli ( sé e altro da sé) del processo relazionale”; Bonardi G., Dall’ascolto alla musicoterapia, Progetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PU) 2007, p. 21.
19Cfr. Manarolo G., Manuale di musicoterapia, Edizioni Cosmopolis, Torino 2006, pag.34.
20Per i concetti di Integrazione, Armonizzazione e Sintonizzazione, si rimanda al cap. IV di Lineamenti di Musicoterapia,.cit., pp. 99-117. In particolare per il concetto di sintonizzazione si rimanda anche al cap. VII di Stern D. N., Il mondo interpersonale del bambino, Bollati Boringhieri, Torino 1987 (rist.2004), pp. 147-168 e al Manuale di Musicoterapia, cit., pagg.180-181.
21Manarolo G., L’angelo della musica, Omega Edizioni, Torino 2002, p.103.
22Cfr. Mancini R., L’ascolto come radice.., cit., p. 245. La frase in corsivo è, in realtà, riferita dall’autore alla relazione analista paziente, ma ben descrive ciò che avviene nella relazione musicoterapeuta-persona.