Musicoterapie in Ascolto

Il cammello che piange, il setting e la musicoterapia

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La lettura del prezioso contributo della Collega Valeria Crescenzi Il setting… siamo noiha riacceso in me la riflessione sul concetto di setting in musicoterapia, richiamando alla mente la visione di questo filmato: http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2df40905-eeba-4112-a5c0-0997cbb9dd16.html, “Il cammello che piange”.
“Il cammello che piange” narra la vita quotidiana di una famiglia di allevatori di cammelli che vive nel deserto del Gobi.
Il tema del filmato è quindi incentrato sul rapporto esistenziale, complesso e precario, che sussiste tra l’uomo e la natura; una quotidianità che si snoda tra le dune di sabbia, il vento, le scene di vita familiare e pastorale.
Ma quando la vita mette a dura prova l’esistenza della comunità, cosa accade?
Ecco che la collettività adotta un antico rito musicale per risolvere l’increscioso problema.
Quando vidi per la prima volta questo filmato, molti anni fa, rimasi affascinato da quell’estratto finale (da 01:09:56 a 01:18:56) in cui, nell’arco di una decina di minuti, vidi qualcosa che mise a dura prova il tanto osannato concetto di “setting” molto spesso descritto nei manuali di musicoterapia come un luogo perfetto, magari insonorizzato, ma poco aderente alla realtà.
Provate ad ascoltare con le orecchie e con gli occhi il filmato, forse scoprirete che la musicoterapia si può realizzare anche in ambienti diversi dai setting ideali che vivono solo nei manuali.
Ben vengano le riflessioni sui concetti dati per scontati in musicoterapia come quello di setting che, nel tempo, ha perso il significato originario https://it.wikipedia.org/wiki/Setting nato nella psicologia ecologica, ad opera di Roger Barker, adottato dalla psicologia ambientale, dalla psicologia  sperimentale, dalla psicoanalisi, dalle artiterapie e, ovviamente, dalla musicoterapia.
Nel mio modo di intendere la musicoterapia ad orientamento etnomusicologico, per una questione di coerenza epistemologica, al posto del concetto di setting ho preferito utilizzare lidea di “habitat sonoro-musicale” (http://musicoterapieinascolto.com/dizionario/528-habitat-sonoro-musicale)  inteso come lambiente definito nel tempo e nello spazio in cui si può realizzare l’incontro, sia esso di osservazione, di intervento individuale o di gruppo, tra le dimensioni sonoro-musicali (http://musicoterapieinascolto.com/dizionario/489-dimensione-sonoro-musicale-d-s-m) dei partecipanti: la persona o le persone (tre al massimo in presenza di un conduttore) e il musicoterapista.
In questo spazio-tempo apparentemente “naturale”, ma in realtà molto pensato ed elaborato, troviamo gli strumenti musicali disposti e scelti in funzione delle persone coinvolte (la/e persona/e la/il musicoterapeuta) gli eventuali ascolti musicali graditi alla/e persona/e, gli elementi d’arredo posizionati in modo tale da definire lo spazio in modo accogliente per entrambe i partecipanti.
In questo “ambiente”, in un tempo pre-fissato dalla/dal musicoterapeuta e concordato con la/e persona/e, entrano in gioco vari elementi concreti, ossia gli strumenti musicali, l’arredo, ed altri non visibili ma percepibili ossia gli eventi musicali proposti all’ascolto, graditi alla persona, e i modi con cui i partecipanti vivono il proprio spazio-tempo durante la seduta, ossia i vissuti http://musicoterapieinascolto.com/dizionario/154-vissuti che provano, manifestati mediante la loro “humana musica” (http://musicoterapieinascolto.com/dizionario/87-humana-musica), comunicati eventualmente con la “musica instrumentalis” (http://musicoterapieinascolto.com/dizionario/104-musica-instrumentalis), suonando gli strumenti musicali messi a disposizione o con la voce.
È chiaro che in musicoterapia ricerchiamo “habitat sonoro-musicali” o “setting” adeguti, ma la realtà è ben diversa e spesso ci dobbiamo confrontare con essa cogliendone la dimensione umana poiché, come afferma la Crescenzi (http://musicoterapieinascolto.com/riflessioni/525-il-setting-siamo-noi-di-valeria-crescenzi) “Il setting siamo noi e lo spazio interno che ci permettiamo di condividere.
Il setting è quella finestra interna di luce da cui ci lasciamo guidare se quella esterna non è sufficiente.
Il setting è il nostro spazio umano e la possibilità che ci diamo, durante la quotidianità, di abitarlo insieme agli altri”.
Bonardi Giangiuseppe
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